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«Spiacenti, numero non disponibile»
Siamo prede felici
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A chi non è capitato di ricevere chiamate da numeri sconosciuti cui, non avendo risposto per tempo, richiamandoli si è sentito dire che il numero non è disponibile, oppure che non è corretto o è inesistente?

Spesso si tratta di venditori indesiderati, naturalmente, ma non meno frequentemente si ha a che fare con tecnici, corrieri, istituzioni, servizi pubblici o altro ancora. In questi casi si rischia di perdere di vista comunicazioni importanti.

A me è capitato di avere a che fare con Iliad per un contratto di fibra domestico per il quale i tecnici non avevano rispettato l'appuntamento, dopo un primo tentativo non concluso. Nessuna comunicazione per e-mail che normalmente risulta essere il sistema più sicuro. Il call center mi risponde che il tecnico aveva cercato di contattarmi telefonicamente ma non mi aveva trovato. Dopo avere contestato che non avevo chiamate ho compreso che si trattava di un numero richiamando il quale avevo ricevuto il messaggio di numero inesistente. Sempre la cortese signorina mi spiegava che i tecnici facevano così per non essere disturbati e che avrei dovuto tenere il telefono disponibile per tutte le chiamate.

Questo scritto non vuole soffermarsi sull'aspetto tecnico. Personalmente a questo proposito mi limito a bloccare il numero inesistente e a segnalarlo nell'elenco degli spam, modalità disponibile per quasi tutti gli smartphone non esageratamente obsoleti, sperando che risulti tale a tutti gli utilizzatori dei servizi sicuri.

La questione da segnalare, tuttavia, è un'altra. Immagina di essere, che so, uno studente universitario che ad un esame si sente dare un voto insufficiente e magari anche una segnalazione negativa. E immagina che cerchi di vedere gli errori del suo compito e non possa accedervi e che, cercando il docente per avere spiegazioni in proposito si sentisse dire che questi non è disponibile o che addirittura è inesistente. Che cosa ne penseresti? Credo che ti arrabbieresti e cercassi di far valere i tuoi diritti. Vai dal preside e la segreteria di questo ti dice che è giusto così, altrimenti i docenti verrebbero disturbati da studenti che, pur pagando fior di quattrini per gli studi, non hanno diritto alcuno in proposito. A questo punto potresti smettere di pagare la retta ma venissi tempestato di chiamate dalla suddetta segreteria e da numeri ogni volta diversi che non potrai richiamare e ti trovassi nella buca delle lettere una lettera di ingiunzione di pagamento con tanto di mora, mentre altre università ti cercano anche loro da numeri irrintracciabili perché passi da loro con il tuo numero di telefono reso disponibile a tutto il mondo magari dalla stessa segreteria che ti ha mandato l'ingiunzione di pagamento.

Allucinante, vero? Chissà se Kafka avrebbe potuto immaginare una situazione simile quando scriveva "Il processo"?

Il punto è che non possiamo contestare questa perdita di diritti a nessuno. Hanno tentato anche di mettere in atto liste di abbonati che non intendono ricevere telefonate di questo tipo, soprattutto di natura commerciale, ma senza alcun successo salvo la perdita di tempo di chi come il sottoscritto ha tentato di far valere questo diritto. Le società telefoniche che offrono questi servizi di numerazione sono le prime interessate al business e che per non perderlo trovano escamotage di tutti i generi.

Il fatto è che non esiste nessuna pena per chi contravviene a queste norme e quando mancano pene — che siano almeno rapportabili ai profitti — non c'è motivo di rispettare la legge.

Al di là di tutto mi piacerebbe si facessero delle liste di proscrizione dove fossero riportate le società maleducate, disgustosamente arroganti che adottano queste pratiche e che subissero una perdita di immagine adeguata alla loro irrispettosità.

Sicuramente avrei inserito i tecnici di Iliad (e di conseguenza la società) con la quale, dopo la telefonata in oggetto, ho chiuso il rapporto per quel contratto. Siamo, purtroppo, sempre quelli della rana bollita che, dopo un primo periodo felice, trascuriamo il peggioramento del servizio passando sopra i nostri diritti e questo le società di servizi lo sanno.

Ti piace la rana bollita? – con letizia il blog di Letizia Guagliardi

Non ci rimane dunque che cambiare fornitore il più frequentemente possibile, ma questo ci fa perdere troppo tempo e quindi trascuriamo la cosa o la procrastiniamo all'infinito.

Il problema è che siamo diventati prede di chiunque, a partire dai social network e dai fornitori che consideriamo gratuiti ma che tali non sono affatto.

I canali televisivi ci hanno abituato a questa idea di gratuità che tale non è e hanno generato fortune facendoci sorbire tonnellate di pubblicità. I servizi Internet non sono da meno, solo che oltre la pubblicità fanno i soldi con la nostra profilazione e la perdita della privacy.

Ma, nonostante noi si paghi abbondantemente in natura tornando a farci turlupinare da loro pensando di essere noi a trarne i vantaggi mentre rimaniamo più anonimi di quando frequentavamo le persone reali, loro sempre di più gestiscono i nostri contributi e le nostre comunicazioni censurandole, mettendole in coda o molto semplicemente nascondendole nel mentre che ci suggeriscono chi seguire e che cosa comprare anche — anzi, soprattutto, direi — quando non è quello che vogliamo.

A questo punto che cosa ci resta da fare?

Intanto si potrebbe fare una lista positiva, oltre a quella negativa, dove premiare i servizi rispettosi segnalando quella che dovrebbe essere la normalità come una distinzione qualitativa.

E, per quello che riguarda i servizi in rete, cominciare ad utilizzare siti, portali e app a pagamento (almeno quando questo ha un prezzo ragionevole) che garantiscano privacy e libertà di espressione invece di tornare a farci truffare con quelli gratuiti.

Pensi di avere le gonadi sufficienti per poterlo fare, oppure continuerai a godere masochisticamente della tua inveterata sodomia?

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#freepavel #FREEDUROV
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L'anima anziana
La difficoltà di vivere a pieno la terza età per apprendere e insegnare di più

Invecchiando è normale che gradualmente il mondo esterno si allontani dalla percezione di se stessi. Questo accade sia perché i valori e la cultura con cui si è vissuti non parli più lo stesso linguaggio della vita d’oggi, ma anche perché ci si lascia condizionare dalla percezione che gli altri hanno di sé.

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Intervista a Pavel Durov
Il cogenitore di Telegram si racconta al microfono di Tucker Carlson

Intervista con Tucker Carlson che inizia parlando dell’infanzia torinese e della bella vita italiana e poi arriva ai giorni nostri. In inglese ma con sottotitolatura in lingua originale e traduzione automatica multilingue, italiano incluso.

Entusiasta del carisma di questo giovane e coraggioso visionario imprenditore, per l'occasione Tucker Carlson ha dato il via al suo canale Telegram cui chiunque può iscriversi aprendo il link che segue e iscrivendosi via web o scaricando l'app.

in questo momento, a poche ore di distanza, il canale ha raggiunto 190.000 iscritti.

https://t.me/TuckerCarlsonNetwork

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https://bit.ly/3RCq6cc

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Chi ci protegge dai chatbot? — Who protects us from chatbots?
Today there is a far more serious one that acts as a deterrent and demotivator to the generation of any contribution at all. I am talking about chatbots.

«(…) Some writers have had the audacity to believe in the impartiality of the law of democratic nations by challenging throngs of super-paying law firms by opening lawsuits destined, inevitably, to see them lose by risking being ruined by legal fees. By writing notes like these, in the face of the Leviathan dominance of “ Technofeudalism “ (Yanis Varoufakis) one risks indeed being attacked by the dictators of progress.

The problem is not big: it is gigantic ! and not only for the authors, but for all humanity. I touch only on some of the emerging aspects:

  • the most obvious is that these bots take in the heap Yottabytes of content from the most disparate media, those available, those not yet available, and those invented, to combine together original ideas making them indistinguishable and assuming the right and authorship
  • then there is that of the fake: there are many of us who have observed that prompts often make up out of whole cloth fictional answers ranging from people who never existed, books that were never written, universities that never existed, and summaries or biographies that are utterly bogus and outlandish but drafted with a prosopopopean narrative to make them credible to those who are content to consider them trustworthy because of the value accorded them by techno-gossip.
  • the most dystopian but already topical aspect is the distortion of the answers: attribution to authors and people in general of statements, activities, studies, political or ideological expressions that never existed or were subsumed by sheer semantic correlation unsupported, however, by facts that a human mind would have been able to unequivocate. How many corpses run the risk of leaving AI in the name of a common good and progress we would not have wanted and certainly not their victims?
  • proscription lists that might follow such as those, in this case created by flesh-and-blood people to whom we could impute the “crime” of instrumentalization, who devinced “friends of Putin” those who demonstrated against supporting any form of Russian-Ukrainian conflict . Just think, however, when one form of automation can generate thousands without fear of denial and, indeed, with the blessing of the innovative product!
  • finally the less obvious but much more insidious deletion of unwanted people from the answers (including those they may have contributed to) of chatbots. Let us take the example of a question about nuclear energy in which no mention is made of names such as Enrico Fermi or Einstein. Spend the few generations in which there are people who have studied things in books rather than in search engines and chatbots that can remember them, humans accustomed to these “tools of progress” may believe that nuclear energy is entirely the result of Openheimer’s work because he starred in an Oscar-winning film or because he was a Jewish mother, for example. While this may seem an extreme case, however, let us imagine how little it would take for the existence of the thought of an Ennio Martignago or names far more illustrious than him to be erased from the history of our posterity or from current events themselves? Or that they are erased because they are considered hostile to progress?

All of this, I want to say it very loudly, is not fantasy. Anyone who, like me, saw the 1960s as a child, if back in the 1970s, when he was doing civil battles to defend freedoms or a right to peace at far less risk than today’s, he had been promised a world with the injustices of today’s would have been irritated by over-exaggeration. Let us expect all the worst fantasies to turn into reality.

What can we do to defend ourselves?

From the height of his immense capital, one such as Elon Musk had tried to make access to X, the ex-Twitter, fee-based precisely to prevent chatbot intrusion and robbery. Then it seems he had to give up. However, his strategy is still one of the main ones to defend against at least an initial part of this problem. For now at least the chatbots are not organized in such a way as to cough up even a penny to steal content. However, this does not mean that, perhaps thanks to private or institutional investment, they will not be able to do so in the future.

Then it must be said that while sifting through text is an easy and quick task for increasingly advanced processors like Nvidia’s, processing movies or podcasts, while not impossible, is certainly a bit more challenging. Combining the two, payment and non-text media, a few more things could combine.

(…) I am including in the appendix suggestions obtained through the use of one of these prompts (Phind) regarding some of the possible solutions to ensure protection from chatbots, especially for podcasts, by some of the platforms that can be used

Regarding protection from chatbot access and author privacy, Locals.com does not provide specific details on how it protects content from unauthorized access or how it ensures the privacy of authors of podcasts or content created within the platform. However, the privacy policy emphasizes that the company processes user content to operate and protect services, and that users have control over what information they share on their profile. Users can choose to change or remove this information at any time if they no longer wish to share it 2.
In addition, Locals.com mentions the use of third-party integrations, such as ChatGPT, to suggest personalized ideas for activities. This implies that users may provide information to third parties through these integrations, and Locals.com is not responsible for how these third parties collect or use the information 2.
In conclusion, while Locals.com offers a wide range of features and options for sharing information and content, it does not provide specific details about how it protects content from unauthorized access or how it ensures the privacy of podcast authors. Users who use Locals.com to create and distribute podcasts should be aware of the privacy and security implications of their content, and carefully consider the information and content sharing options within the platform.»

https://medium.com/mob-work-n-smart-behavior/chi-ci-protegge-dai-chatbot-who-protects-us-from-chatbots-e8685a1d15c0

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